30 ottobre 2012
19 ottobre 2012
Mettiamo mano al PYTHONPATH
Spesso quando si scrive del codice che poi dovrà essere incluso in altro codice, che a sua volta sarà incluso in altro codice.... e così via fino alla fine dei giorni, si sente la necessità di dover "piazzare" il nostro script nel PYTHONPATH in modo che venga importato senza necessari accorgimenti.
Immaginiamo che il nostro script si trovi in /directory/altra_roba/ e che lo script si chiami god.py. Bene se volessi importare questo script dovrei aggiungere nel mio script questo:
P.S. Se mai qualcuno si chiedesse che cosa sta a significare la foto dell'articolo con le righe scritte, la risposta è NULLA. Semplicemente è come mi sento in questo momento, osservato da chi sembra carino, ma in realtà vuole solo mangiarmi...
Immaginiamo che il nostro script si trovi in /directory/altra_roba/ e che lo script si chiami god.py. Bene se volessi importare questo script dovrei aggiungere nel mio script questo:
import sysCerto è pratico per delle prove, ma nell'uso prativo potrebbe anche stancare. Quindi perché non rendere permanente questa aggiunta? Su ambienti GNU/Linux apriamo un bel terminale ed aggiungiamo al file /etc/bashrc (o similari) la riga seguente:
sys.path.append("/directory/altra_roba/")
import god
export PYTHONPATH:/directory/altra_roba/Questa sì che è comodità, Rock on Python
P.S. Se mai qualcuno si chiedesse che cosa sta a significare la foto dell'articolo con le righe scritte, la risposta è NULLA. Semplicemente è come mi sento in questo momento, osservato da chi sembra carino, ma in realtà vuole solo mangiarmi...
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